Dunque uno dei più grandi distributori dei prodotti di ogni genere ritiene di poter ricorrere al braccialetto elettronico al braccio dei dipendenti per velocizzare ulteriormente lo spostamento e la spedizione delle merci all’interno delle normative vigenti, cioè senza calpestare le leggi. 

  Non parlo quasi mai in prima persona, lo faccio in questo caso perché l’occasione lo richiede. Ammetto apertamente di non conoscere la legislazione in materia, ed ho il provato sospetto che Amazon sia nel “giusto”, cioè che le leggi vigenti glielo consentano, perché – come si dice – vuoi che una grande azienda agisca al di fuori delle regole? Mi ritengo fortunato di avere 73 anni ed essere pensionato e di non correre il rischio di finire in qualche magazzino della Logistica come quello di Amazon per sopravvivere. 

  Uso queste poche righe non per denunciare l’Amazon per comportamento incivile o antisindacale, come fa la Camusso, e nemmeno per affermare che manca soltanto la “palla al piede” perché si dimostri chiaramente il carattere schiavistico dell’attuale rapporto di lavoro. Non c’è da invocare perciò l’intervento della Corte costituzionale, la Corte di cassazione, la Corte dei conti e ancor meno di interrogazioni parlamentari. Queste sono espressioni che appartengono al vocabolario democratico-borghese dei benpensanti che fingono di non conoscere la storia, le leggi dell’accumulazione capitalistica e lo spirito di concorrenza che anima il capitale e i capitalisti, in modo particolare in periodi dicrisi. L’italianissimo Valletta si comportava allo stesso modo alla Fiat in una fase di straordinario sviluppo. 

  In questo caso, come ho detto pocanzi, voglio rivolgermi alle lavoratrici ed ai lavoratori della Logistica, ma non solo, facendo un discorso chiaro e parlando al loro cuore e al loro cervello, cioè alle persone piuttosto che alle merci quali esse sono costrette ad essere. 

  C’è crisi, il lavoro a tempo indeterminato è diventato una merce rara, è difficile e complicato trovare un posto di lavoro anche precario, a nero, a chiamata e così via; difficile contrarre matrimonio e mettere su casa, farsi una famiglia ecc. In uno stato d’animo depresso trovare un lavoro “stabile” in un grande gruppo come Amazon, Ikea, Leroy Merlin e similari, è come vincere alla lotteria. “Signori! per favore, lasciatemi in pace, c’ho famiglia. Piedi per terra perciò, testa bassa e braccialetto o non braccialetto, questo passa il convento. Poco e amaro pane piuttosto che morire di fame”. In poche parole si possono così riassumere gli stati d’animo di migliaia – o forse di milioni, quando non di decine di milioni -  di lavoratrici e lavoratori. E francamente ci sarebbe poco da obiettare. 

  La domanda che provocatoriamente va rivolta al lavoratore è: fino a che punto ti senti uomo piuttosto che merce? Perché ti ritieni homo sapiens? Perché non hai la forza ed il coraggio di salire negli uffici della direzione e mettere tutto sotto sopra? Perché non tiri giù dagli scaffali la merce destinata alle spedizioni? Perché non hai fuoco nelle vene; perché vieni sovraccaricato dai ricatti: il mutuo, i figli, la moglie o il marito disoccupati, un familiare da accudire, le bollette ecc. ecc. D’accordo, fino a quando? Quando ti deciderai ad alzare la testa, a darti un colpo di reni insieme ai tuoi simili? Quando metterai al primo posto le ragioni della tua vita piuttosto che quelle del mercato, della produttività, della concorrenza e dei prezzi?

  E’ vero che tu hai bisogno dell’azienda, ma è altrettanto vero che l’azienda ha bisogno di te; e per quale motivo l’azienda può decidere di calpestarti e umiliarti in tutti i modi e tu non puoi decidere di ribellarti? 

  E non venire a raccontare che i partiti fanno schifo, che i sindacati sono venduti, che nessuno ti difende, se non sei capace di agire in prima persona per difenderti dalle angherie di un sistema barbaro che consente ai capitalisti di trattarti come merce. Merce per merce, comportati almeno come una merce contundente! 

Quanto ad Amazon: Avanti tutta, bene così!

Michele Castaldo febbraio 2018

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