Grande è il disordine sotto il cielo, diceva Mao, e capire diventa sempre più complicato, mi viene da aggiungere, perché nella sinistra, anche quella che ama definirsi estrema, ci si arrovella senza venirne a capo, non per cattiva volontà dei singoli ma perché mancano gli strumenti necessari per poterlo fare; si procede perciò a tentoni sbandando a volte un poco a destra e spesso un poco a “sinistra”, ovvero verso posizioni nell’alto dei cieli dell’individualismo. Cerchiamo perciò di mettere i piedi per terra, sapendo che dobbiamo ragionare con quelli che in carne e ossa sono il popolo, cioè masse informi che vivono sotto leggi precise e obbligate, quelle del modo di produzione capitalistico e delle regole politiche e sociali che esso detta. Questo dovrebbe essere – almeno – un corretto rapporto di chi si rifiuta di riconoscere nel capitalismo l’unico mondo possibile e aspira al suo superamento, alla sua caduta, al suo crollo, alla sua implosione e cosi via.

   Ora,

il modo di produzione capitalistico vive su leggi semplici: produzione e consumo; aumento della produzione e del consumo; e ancora aumento della produttività e dei consumi di ogni tipo di merci, comprese le merci della sanità sia di quelle inanimate che di quelle animate, cioè infermieri, medici e scienziati al servizio della salute del popolo.

   Il capitale, cioè quell’impersonale meccanismo che ingloba nel suo processo innumerevoli funzioni finalizzate, comunque, all’estrazione del massimo profitto, pena la sua decadenza, ha interesse a che la giostra continui sempre a girare e possibilmente sempre più veloce.

Non solo, ma ha anche necessità che i consumi si estendano anche attraverso la crescita demografica piuttosto che la sua riduzione, anzi è costretto a correre ai ripari per poterla arrestare. Trattandosi però di un meccanismo che ingloba la produzione di una infinità di merci, molte di queste sono in contraddizioni fra loro. Tanto per fare un esempio: si ha la necessità di avere un autista di un tir molto efficiente e lucido e contemporaneamente perché possa reggere il super lavoro che è costretto a svolgere è necessario che prenda anfetamine e calmanti, e lo si rincoglionisce, con tutti i disastri che questo può provocare.

   Di converso un’industria ha necessità che i suoi operai siano sani per rendere al massimo possibile piuttosto che ammalarsi e mettere in crisi la produzione, dunque se c’è una pandemia in corso l’industriale vuole che il suo operaio sia protetto non perché gli vuole bene, no, ma perché è funzionale ai suoi profitti.

   C’è una pandemia in corso da circa due anni e fra tutti gli addetti del settore regna il caos, si sovrappongono non solo analisi diverse sulle sue origini, ma anche sulla sua gravità e di conseguenza su come affrontarla.

   I politici si rivolgono al mondo scientifico per trovare una soluzione e fra queste la più immediata, oltre il ricovero in terapia intensiva per i più colpiti, si promuove la necessità di vaccinare la popolazione per raggiungere l’immunità di gregge. Intervengono immediatamente i grandi gruppi che producono i vaccini e propongono contratti capestri agli Stati per poter iniziare la vaccinazione.

   Il vaccino dunque non affronta la natura del male, cioè le cause del famoso salto (spillover) dei virus da altre specie animali all’uomo, ma cerca di corrergli appresso per evitarne la diffusione. Alle case farmaceutiche, perciò, non viene richiesta una rivoluzione sociale, ma di porre rimedio a un male. Stessa cosa viene richiesta a infettivologi, epidemiologi e agli altri ruoli del settore, cioè le misure come distanziamento individuale, mascherina, disinfezione delle mani e cosi via. Ai governi vengono richieste misure adeguate per portare il popolo fuori della pandemia. Si tratta di misure “omogenee” per un mondo composito, industriale, culturale, museale, clericale, canoro, musicale, teatrale, cinematografico ecc.

   Come ha reagito il popolo? Nella maniera più composita, ovvero secondo le sue caratteristiche maturate nel corso di alcuni secoli dell’attuale modo di produzione, e dei costi immediati da pagare per le restrizioni che i governi hanno cercato di imporre. È fuori discussione che fra i settori più colpiti ci sia il ceto medio produttivo e distributivo che, già falcidiato dalla crisi, sbatte con la testa al muro perché viene buttato sull’orlo del precipizio, mentre i grandi potentati economici pressano le forze politiche di governo e di opposizione, i sindacati dei lavoratori per uniformare un atteggiamento nazionale e superare una fase complicata.  

   Posta in questo modo la questione come cerchiamo di sbrogliare la matassa rispetto alla punta dell’iceberg rappresentato dalla questione vaccini che è l’elemento che ha totalmente disorientato l’insieme della sinistra, compresa quella più estremista? Vaccini si, vaccini no, vaccini ni, fino a tirare in ballo il diritto individuale, ovvero il libero arbitrio di decidere se vaccinarsi o no. Cerchiamo allora di affrontare la questione senza reticenza, per un verso, e per l’altro verso senza voler mettere a tutti i costi un cappello ideologico che non ci aiuterebbe a risolvere la questione.

   Il problema principale che finora è emerso è che non ci sia stata una vera mobilitazione tendente a denunciare le origini dell’epidemia, sicché tutto è stato racchiuso in un ambito istituzionale fra gli addetti ai lavori sia del mondo scientifico che di quello politico con la supervisione di quello economico, senza una vera pressione popolare. Questa assenza, quasi dappertutto, ha pesato, almeno finora, sull’indirizzo che hanno preso i vari Stati e governi tanto in Occidente quanto in Oriente. Insomma è stato accettato dai popoli il Covid-19 come un evento naturale capitato sugli umani, cioè in modo del tutto passivo, dove perciò la migliore soluzione è apparsa essere quella dei vaccini, ovvero una soluzione capitalistica a un danno provocato dal modo di produzione capitalistico. Il dramma vero, perciò, è questo, di cui non si parla.

   Pertanto se l’unica soluzione contro il Covid-19 sono i vaccini, chi li rifiuta o è cretino o è criminale; e Draghi – da vero aristocratico 2.0 – ha filo da tessere nei confronti tanto dell’estrema sinistra quanto della destra salviniana e meloniana, rafforzando il carrozzone al centro, tutti a remare a favore dell’obbligo della vaccinazione. Ovvero fiducia cieca nella scienza, perché essa è neutrale, dunque al di sopra delle parti e perciò l’unica in grado di portarci fuori dalla pandemia e farci riprendere il percorso per superare una crisi economica che rischia di diventare sociale e dai risvolti imprevedibili.

   A questa travolgente valanga politica e culturale che avanza, dietro cui si muovono le leggi dell’economia, in Occidente e nel mondo intero, senza farsi illusioni sui paesi dell’Est ex comunisti, il modo peggiore di opporsi è quello di rivendicare il diritto individuale di libero arbitrio. Tanto da destra, quanto da “sinistra”. Che lo facciano poi dei filosofi – di “prestigio” - è peggio che andar di notte; essi obbediscono solo al principio liberale, maturato in Occidente e sappiamo quali disastri ha comportato per i popoli del sud del mondo in termini di oppressione, sfruttamento e razzismo oggi ancora tanto presente nelle nostre metropoli.

   Quel principio liberale che lo storico francese Fernand Braudel alla fine del primo volume della trilogia Civiltà materiale, economia e capitalismo scrive « La città, residenza dei funzionari e dei signori, non appartiene né ai mestieri, né ai mercanti: nessuna borghesia vi cresce agevolmente. Appena questa borghesia comincia a formarsi, pensa a tradire, affascinata dallo splendore della vita dei mandarini. Le città vivrebbero di vita propria, riuscirebbero almeno ad abbozzarla, se gli individui e il capitalismo vi avessero campo libero.  Ma lo Stato tutelare non lo consente. » e continua – in cauda venenum -  « C’è da domandarsi che cosa sarebbe accaduto delle città cinesi se le giunche avessero scoperto il Capo di Buona Speranza al principio del Quattrocento e avessero utilizzato in pieno questa possibilità di conquista mondiale ». Altrimenti detto i cinesi sono stati un poco coglioni perché non hanno concesso il libero arbitrio all’individuo, come in Occidente, ma anzi lo hanno tenuto sotto il controllo dello stato imperiale, ecco spiegata la ragione del ritardo storico della Cina rispetto a noi. Ed ecco cosa ci propinerebbero certi filosofi con il diritto individuale e personale, ovvero del più odioso principio della storia dietro cui si nasconde la possibilità del più forte a poter padroneggiare sul più debole. E poi si definiscono filosofi.

   Torniamo ai vaccini, che è la questione che ci preme di più cercando di affrontare il nodo della necessità delle cavie umane, come viene detto da una parte consistente di quelli che manifestano contro la vaccinazione obbligatoria e il conseguente Green pass.

   Ripetuto che viviamo in un modo di produzione capitalistico e che perciò ogni soluzione non può non avere le caratteristiche del capitalismo, cioè l’estrazione del massimo profitto, ci domandiamo: i grandi gruppi farmaceutici nel produrre i vaccini a quale logica sono chiamati a rispondere? Alla duplice logica: a) fare massimi profitti; b) produrre un farmaco che freni la pandemia e permetta al capitale di riprendere il suo cammino. Su entrambi questi fattori giocano molti altri fattori, ma l’uno non esclude l’altro vicendevolmente e voler forzare per dimostrare il contrario è sbagliato, perché si nega non l’etica weberiana del capitalista borghese o del borghese capitalista, ma perché si nega la natura tutta oggettiva di dover tenere insieme i due fattori: frenare la pandemia ed estrarre il massimo profitto. Sicché il diritto individuale c’entra come i cavoli a merenda, che anzi nel rivendicarlo si favorisce la complementarietà dei due fattori della scienza e dell’economia e si rende la scienza sempre più funzionale all’economia. Manca in ciò una visione d’assieme quella che rende il valore di un insieme superiore a quello della somma dei singoli. Il ché vuol dire: lo Stato proceda pure nei confronti dei fessi da usarli come cavie, a me deve concedere la libertà di non vaccinarmi. Se poi dietro questa rivendicazione si nascondono gli interessi economici di un ceto medio commerciale come i ristoratori, è tutto dire. Si tratta a ben vedere di un atteggiamento individualistico ed egoistico che ha molto di liberale e poco o niente di anticapitalismo, anche se rivendicato da sinistra.

   Cerchiamo allora di precisare il nostro punto di vista: un conto è avere consapevolezza delle difficoltà di fronte a un problema storico enorme, tutt’altra cosa è schierarsi in coda alle truppe cammellate della borghesia e del suo governo in Italia, in Europa e nel resto del mondo.

   Poniamoci questa domanda: di fronte al fatto che la Confindustria chiede al governo il Green pass ai lavoratori per entrare al lavoro e se il governo lo dovesse varare, che senso avrebbe invocare il diritto di libertà contro l’obbligo di vaccinarsi? Ma perché, allora, guardare la realtà partendo dal proprio ombelico, dal proprio individualismo piuttosto che cercare di affrontare le questioni per come si presentano sul tappeto da un punto di vista oggettivo? Perché sperare che un gruppo di “persone” si organizzi e funga da embrione, magari cresca per opporre un rifiuto all’obbligo del vaccino? Insomma: perché richiamarsi sempre all’individuo – anche a sinistra – piuttosto che ai fattori oggettivi? E i sindacati, e Landini della gloriosa Cgil, che a rimorchio del liberalismo borghese è incapace di esprimere una volontà del proletariato perché questo è fermo e in balia della morfina della crisi capitalistica non geme.

Che fare?

   Come si sono comportati i lavoratori durante gli ultimi 200 anni nei confronti del modo di produzione capitalistico in ascesa? Cercando di strappare quota parte dei profitti che essi contribuivano a produrre per migliorare la loro vita dentro e fuori dell’ambito lavorativo. Come si stanno comportando, in modo particolare in Occidente al cospetto dei propri capitalisti che vengono sfidati dalla concorrenza asiatica? Arretrando in modo scompaginato. 

   Come rintracciamo – da comunisti – una linea di denuncia del modo di produzione in crisi in questa fase? Non certamente rincorrendo l’individualismo e il diritto di libertà individuale, no e poi no, ma invitando i lavoratori a farsi carico di controllare la filiera dei vaccini, visto che siamo noi che mandiamo avanti il modo di produzione e dunque: a) chi produce; b) cosa produce; c) in che modo produce; d) a quali costi produce; e) in che modo distribuisce; f) a quali costi distribuisce; g) attraverso quali canali distribuisce. E, se permettete, vorremmo avere degli scienziati al nostro servizio per essere sostenuti in una battaglia che ci veda se non protagonisti almeno non del tutto passivi. Lo volete chiamare controllo operaio? Dategli il nome che volete, basta che usciamo dall’individualismo e dal soggettivismo politico chiamando i lavoratori a misurarsi con gli interessi della propria salute piuttosto che denudare il braccio ed offrirlo alla bontà dello Stato attraverso l’iniezione dell’infermiere di turno. Si pensa in questo modo di costruire chissà quali fronti anticapitalistici per la rivoluzione? Nient’affatto, si intende solo applicare il buon senso: visto che devi iniettarci un liquido nei nostri corpi, vogliamo capire almeno di che si tratta. D’altra parte non sarebbe l’atteggiamento più logico del malato nei confronti del medico? E perché tale atteggiamento dovrebbe essere valido da ammalati e non valido se siamo sani? Perché non siamo in grado di capire? E allora ci scegliamo una serie di scienziati di cui cerchiamo di fidarci alla bisogna.

   Ecco, questo sarebbe un terreno di intervento che potrebbe mettere insieme migliaia di militanti a misurarsi con un dramma storico, perché è un dramma storico, in cui il proletariato rischia di passare per il morto al gioco – tragico però – del tressette col morto.

   È poco? È certamente più di accodarsi alle ragion di Stato che obbedisce alle leggi capitalistiche e al diritto liberale che viene ridicolizzato dalla ragion comune: ubi maior minor cessato, finendo così per fare la figura del cretino. 

   Gli operai non ci ascoltano? Pazienza per loro, ma abbiamo assolto al ruolo cui dovevamo, perché la volontà degli oppressi e sfruttati si sviluppa solo su necessità obbligate e non per trasmissione di velleitarie idealità, e ancor meno per convinzione individuale sulla validità o meno dei vaccini e il Green pass. 

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Da Marx a Marx
Da Marx a Marx

Autore Michele Castaldo

MODO DI PRODUZIONE E LIBERO ARBITRIO

Marx e il Torto delle Cose

LA CRISI DI UNA TEORIA RIVOLUZIONARIA

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