Non me ne vogliano i pacifisti, ma dopo aver letto l’editoriale, annunciato da una “civetta” in prima
pagina, di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della sera di lunedì 6 novembre, e avendo deciso
di scrivere un commento, non sono riuscito a trovare un titolo diverso che ne sintetizzasse al meglio
il contenuto.
Il lettore si chiederà: perché questa “ostinazione” di una critica politica alla stampa
dell’establishment? Perché nel

cosiddetto mondo dei militanti della sinistra si preferisce mirarsi
nelle proprie idee contrapponendo modelli ideali al modo di produzione invece di analizzare i fatti e
come sono utilizzati da parte di chi si prefigge di consolidare le leggi che regolano gli attuali
rapporti sociali incentrati sulla legge del valore e dell’accumulazione capitalistica, ritenuta fulcro
dell’Occidente. [Nota 1]
Veniamo così al dottor Ernesto Galli della Loggia e del suo ultimo scritto « La storia figlia delle
guerre (che si vuole dimenticare) ».
Innanzitutto c’è un primo svarione fin dal titolo, perché la storia non è figlia delle « guerre »,
perché queste sono espressione di effetti causali determinati dallo spirito di concorrenza generato a
sua volta da necessità. Dunque volendo ricostruire certe “ragioni” storiche – come il nostro
editorialista intende fare – dovrebbe risalire alle cause originarie non dei due ultimi conflitti
mondiali, ma riandare un “poco” più indietro nel tempo dello « scambio » e intrattenersi sul periodo
tanto caro ai nostri rinascimentalisti occidentali, ovvero a quella decantata impresa della « Scoperta
dell’America » che permise il grande balzo agli europei.
Ovviamente non pretendo in alcun modo di convincere un personaggio come il Galli della Loggia,
che a Napoli li chiamiamo « sparapose », ovvero che si atteggiano a raccontar « storie » come i
primi della classe.
Tanto per essere chiari faccio solo un esempio riportando quello che scrive Federico Rampini,
noto editorialista della stessa testata, ne Il secolo cinese « Quando settecentocinquant’anni fa Marco
Polo racconta la Cina all’Occidente, […] L’Europa sua contemporanea, introversa e fanatica, è una
perfetta periferia esile e quasi deserta se vista dalla Cina. La Venezia, allora una delle città più
ricche e popolose del continente, ha 160.000 abitanti. La capitale della dinastia Song, Kinsai (oggi
Hangzhou) ne ha 2 milioni ».
Braudel, uno storico un poco più serio del nostro Galli della Loggia, che ha studiato sul serio il
Rinascimento, sulla scoperta dell’America fa un ragionamento razionale: i mercanti – che
stimolarono l’impresa di Cristoforo Colombo - avevano assoluta necessità di ridurre i « costi di
produzione» per « aumentare i profitti » e fu tentata perciò la via del mare, piuttosto che seguitare
quella terrestre che era troppo dispendiosa per i costi di cavalli e carrozze. Tanto è vero che già
prima di Colombo i turchi molto prima della costruzione del canale di Suez arrivavano sulle rive
egiziane con le navi, le smontavano, attraversavano l’istmo con cammelli e cavalli, e le
ricostruivano dall’altra parte per imbarcarsi nel mar Rosso e continuare gli scambi con i paesi
rivieraschi asiatici e africani.
Il grande navigatore Colombo, che lo fu, ci mancherebbe, si imbarcò con le caravelle per
circumnavigare il capo di Buona Speranza e raggiungere l’India. Incappò nei venti Alisei che lo
cullarono e lo condussero in America. Dove gli europei trovarono tanta fortuna e portarono
criminalità e malattie. Siamo sempre nel rispetto della legge dello « scambio» ma molto impari,
perché, se no, scambiare?

Il punto in questione è prendere in esame il momento che segna il salto, attenzione bene, non per
sminuirne la portata ma per motivare le cause che spinsero i navigatori a intraprendere
quell’impresa. Sottacendo le cause vere che portarono Colombo a scoprire il nuovo continente lo si
tratta da povero cretino che non sapendo cosa fare si imbarcava per andare a zonzo in giro per il
mare. Non andava dunque a spasso per amore del mare, ma mosso da necessità collettive maturate
nel rapporto degli uomini con i mezzi di produzione. Questo è il metodo corretto di leggere la storia
e non le infatuazioni giustificazioniste alla Galli della Loggia che chiama in causa niente di meno
che la saggezza greca “polemos” per dimostrare che « la guerra è “l’origine di tutte le cose” ».
Povero disgraziato al servizio di sua maestà establishment: che bisogna fare per campare! da gran
signore, si capisce.
Ma seguiamolo nelle sue elucubrazioni, che non sono solo sue, ma di chi intende difendere ad
ogni costo « un mondo che fa schifo », a detta dello stesso Federico Rampini, « ma è il migliore
possibile ».
« A volte » scrive il signorino Galli della Loggia « evitare la perdita della libertà, sottrarsi a una
vita in schiavitù , una prospettiva di voler sterminare il proprio popolo e la propria cultura, è
possibile solo affrontando il pericolo di morire e il rischio di uccidere », mia la sottolineatura.
Il lettore potrebbe essere tratto in inganno, pensare che questo signore si riferisca ai palestinesi
che per 75 anni hanno dovuto subire angherie di ogni sorta da parte dello Stato di Israele. E no, lui
parla da strenuo difensore del liberismo, ottimo allievo di quel F. Hayek che titolò nel 1945 La via
della schiavitù il suo libro contro il Comunismo e il nazismo messi sullo stesso piano in quanto
regimi dittatoriali. E da convinto suo allievo arriva alle estreme conseguenze: « Di uccidere anche
civili innocenti, anche donne, vecchi e bambini, di uccidere per uccidere. Cioè di commettere quelli
che attualmente almeno tre o quattro trattati e convenzioni internazionali definiscono crimini di
guerra. Come quelli che stando ai criteri odierni indubbiamente commisero i vincitori della Seconda
guerra mondiale, gli Alleati, senza la cui vittoria, non ci sarebbe oggi la democrazia in Europa »
Il personaggio che qui commentiamo omette una “piccola” verità: quella del contributo di sangue
versato dalla tanto vituperata Urss bolscevica e staliniana, tratta in inganno e spesasi a fianco
dell’occidentalismo in nome della democrazia antifascista. E tanti beoni della sinistra occidentale a
fungere da servi sciocchi al servizio del liberalismo democratico fino a buttare a mare poi il
bambino con l’acqua sporca.
La storia, però, ha i suoi tempi e le sue leggi e a un certo punto presenta il conto. E quando il
conto è salato il liberalismo democratico perde le staffe e comincia a sragionare e diviene come un
cane in un negozio di cristalli: si ferisce, comincia a sanguinare, si agita in modo convulso,
sanguina sempre di più prima di stramazzare al suolo.
Ci sbagliamo? Leggiamo ancora il Galli della Loggia « Alla guida di una Gran Bretagna rimasta
sola contro il Terzo reich padrone dell’Europa, Churchill all’inizio del 1941 si convinse che la sola
risposta possibile fosse » faccia bene attenzione il lettore « “an absolutely devastating
exterminating attack” sulla Germania da parte dei bombardieri pesanti inglesi. Il programma fu
portato a termine ».
Il “grande” giornalista e scrittore scrive nel momento in cui l’esercito dello Stato di Israele sta
compiendo una strage sulla popolazione imprigionata a Gaza. Dunque non a caso, ma riferendosi a
fatti concreti, per giustificare come necessità storica da parte occidentale di « uccidere anche civili
innocenti, anche donne, vecchi e bambini, di uccidere per uccidere ».

Ma non è finita, perché, citando da un libro di Adelphi edizioni, dice « In uno scenario
raccapricciante che queste pagine ci restituiscono nei particolari di tecniche di bombardamento, ad
esempio con ordigni al fosforo, appositamente mirate a uccidere quante più persone possibile […]
in Germania l’esistenza umana venne cancellata ». Tradotto vuol dire che la striscia di Gaza, una
popolazione di circa tre milioni di persone, e l’organizzazione politica di Hamas che li rappresenta
in tutto o in parte, viene paragonata al Terzo Reich. Ce ne vuole di fantasia per arrivare a osare
tanto, il Galli della Loggia ne ha. Volete che non sapesse che lo scontro con la Germania era rivolto
al futuro, ovvero a chi avrebbe dovuto pilotare la grande fase di accumulazione che la rivoluzione
industriale aveva innestato? In questione perciò c’era l’”America”, il liberismo, l’individualismo, la
frenesia di ogni libertà ai danni di altre popolazioni, ovvero il proseguimento della schiavitù razzista
nei confronti di “altre” razze
Di ieri? No, in difesa di quel che fu e per quel che oggi deve essere: « Una guerra inumana, certo.
» dunque c’è piena consapevolezza, « Ma è questa guerra, anche questo tipo di guerra » attenzione
bene, carissimi compagnucci vari di sinistra che siete stati abbagliati dai “valori” del liberismo
democratico « che è all’origine della democrazia in Europa: bisogna saperlo».
Qui è espressa a chiare lettere una chiamata di correità, il Galli della Loggia non fa esercizio di
storicismo, non filosofeggia in modo salottiero per intrattenere convitati, no, lui richiama i valori
della democrazia occidentale in quanto occidentalisti, ovvero a scapito di altri popoli, perché nello «
scambio » dell’attuale fase del modo di produzione capitalistico, ovvero di una crisi storica e senza
soluzione, o se ne esce vittoriosi a scapito di altri o sconfitti con tutte le conseguenze che questa
comporterebbe. E lo Stato di Israele, cosa che il filosofo Cacciari non vuole o non sa capire, è la
testa di ponte dell’insieme dell’Occidente in un’area geografica ove le cui materie prime sono
fondamentali a mantenere il nostro sviluppo, la nostra e « vostra » ricchezza, il nostro e « vostro »
benessere, cari compagnucci che difendete i palestinesi contro lo Stato di Israele. « Il bene »
conclude il nostro Catone « è costretto a servirsi dei mezzi più discutibili ».
Traduciamo il messaggio per chi non avesse ancora capito che l’establishment occidentale è ben
consapevole della gravità dell’attuale crisi nonché della differenza rispetto a tutte le altre. Pertanto
chi si immagina nuovi orizzonti o multipolarismi per una nuova fase di accumulazione di valore
dorme ncapezza, si dice a Napoli, ovvero come i cavalli che dormono in piedi.
La chiamata di correità riferita al passato è una chiamata di correità riferita al prossimo futuro,
come dire: signori non avete ancora capito cosa vuol dire crisi e cosa vuol dire in questa crisi la
messa in crisi dello Stato di Israele. È guerra, dice il Galli della Loggia, che ha invitato a mettere da
parte il passato da MSI della Meloni che sapeva bene essere più che predisposta verso gli States, i
valori occidentali e il cane da guardia nel Medio Oriente rappresentato dallo Stato di Israele.
Insomma non c’è più possibilità andreottiana o craxiana di continuare a fare gli opportunisti e
“autonomisti” di giocare a fare gli Enrico Mattei, e una certa sinistra che ha continuato a fare il
pesce in barile, a traccheggiare, a stare un pò di qua, si però ma, e/o un po’ di là si però ma.
Due popoli due Stati? Solo la meschinità dell’ipocrisia democratica – ovunque si manifesti può
arrivare a tanto: in questione c’è la distruzione del popolo arabo di Palestina, una Giudea teocratica
sulle ceneri della Cisgiordania oltre che della striscia di Gaza. Tradotto vuol dire che lo Stato di
Israele più che uno Stato ebraico deve sempre di più divenire una vera e propria base militare, una
enorme caserma a protezione del saccheggio contro i paesi del Medio Oriente per controllare i flussi
petroliferi.

Che il filosofo Massimo Cacciari ancora parli di una proposta rivolta ai palestinesi –
rigorosamente moderati - cioè coglioni e servi, capaci di combattere essi l’organizzazione di
Hamas, come fecero i resistenti italiani nei confronti del fascismo sul finire della Seconda guerra
mondiale, come dice a L’Unità del liberista Sansonetti, mostra di avere poco senso storico,
pochissima capacità a comprendere la forza impersonale delle leggi dell’economia e di andare,
perciò, a spasso fra i desideri proprio quando il realismo di Netanyahu è sostenuto, a giusta ragione,
da un Galli della Loggia. A meno che voglia veramente credere alle mistificazioni
dell’establishment americana attraverso le parole di Biden. Se il filosofo veneziano non è tanto
ingenuo a che pro la sua filosofia?
È guerra? E guerra sia. W la guerra!
Voglio essere ancora più chiaro: tutte le nostre argomentazioni critiche nei confronti dello Stato di
Israele e dell’Occidente, non smuovono di una virgola la forza dirompente delle argomentazioni dei
pubblicisti che difendono questo modo di produzione e per essere ancora più schietto cito Federico
Rampini ancora una volta quando scrive sul Corriere della sera che « Senza la nostra rivoluzione
industriale, quella cosa orribile che ha insozzato il pianeta, oggi non sarebbero vivi tre miliardi di
cinesi e di indiani, o un miliardo e mezzo di africani: è la nostra agricoltura moderna a base di
fertilizzanti e macchinari acconsentire la loro alimentazione; è la nostra medicina ad avere ridotto la
mortalità e allungato la longevità. I miracoli economici asiatici che hanno sollevato dalla miseria
metà del pianeta sono accaduti copiando il modello scientifico e imprenditoriale dell’Occidente».
Nel 1972, quando il presidente degli Usa Nixon si recò in Cina, i napoletani inventarono una «
barzelletta »: mentre scendeva dalla scaletta dell’aereo e porgere la mano a Mao Tse Tung gli
sussurrò: « Mo te faccio n’assegno, accussì te lieve sti pensiere ‘a capa ». Semplicemente geniale!
Le nuove generazioni non sanno che in quegli anni era in voga Il libretto rosso con I pensieri di
Mao Tse Tung, ma la mia generazione (1945) si. In verità quella « barzelletta » coglieva il senso
storico del momento: la Cina aveva bisogno, è vero di capitali, e gli Usa ne avevano in
sovrabbondanza e non sapevano come spenderli. Di cosa erano frutto quei capitali caro comunista
americano Rampini? In Cina hanno fruttato eccome se hanno fruttato, sfruttando il proletariato di
quell’enorme paese che è divenuto concorrente spietato degli Usa e dell’insieme dell’Occidente
mettendo così in crisi l’insieme del movimento storico del modo di produzione capitalistico. Stesso
dicasi dell’India e dell’intera Asia. Altro che modello sorto in Occidente per la sua bianca e
superiore intelligenza dei suoi abitatori.
A questo punto diciamo ai liberisti 3 cose:
a) Che il modo di produzione capitalistico non è un modello inventato in Occidente o nella sola
Europa ma un movimento storico sviluppatosi attraverso lo scambio e del rapporto degli
uomini con i mezzi di produzione;
b) Che lo sviluppo accelerato dell’Occidente è stato possibile grazie a un’accumulazione
originaria avvenuta calpestando e schiavizzando i propri simili per alcuni secoli, ritenuti di
razze inferiori;
c) Che la storia, in quanto movimento storico, e non modello come dice Rampini insieme a
tutti i liberisti d’Occidente, ha tre tempi: nascita, sviluppo e morte. Non solo, ma che tutto
quel che è temporale e progredisce da un certo punto in poi comincia il processo inverso,
comincia a regredire, esattamente come l’organismo umano. E come lo stesso Rampini, con
Gaggi, descrive gli Usa d’oggi, come un popolo malato e sull’orlo di una crisi di nervi e
avviato – ribadisce Gaggi, verso il Crack

Se l’ex comunista americano non riesce a capire questo, pazienza, tanto non parliamo a lui, ma a
quanti sono realmente disposti a riflettere sulla regressione verso cui è avviato il modo di
produzione capitalistico e con esso l’umanità, compresi i figli e i nipoti dei Rampini e dei Galli
della Loggia.
Concludo senza lasciare dubbi: noi idealisti, da Robespierre in poi, abbiamo commesso un errore
di valutazione: quello di ritenere possibile governare le leggi di un moto spontaneo di cui gli
occidentali hanno pensato di averlo calato da un altro pianeta sul globo terrestre. Avremmo voluto
cioè umanizzare lo sviluppo dello scambio e dell’accumulazione applicando una razionalità a leggi
che tali non sono e non possono essere. Ci siamo sbagliati. Le future generazioni di fronte
all’implosione, cui è avviato l’attuale sistema, saranno comunque chiamate a razionalizzare i loro
rapporti con i mezzi di produzione e la ricchezza che la natura ancora potrà offrire.
È un’altra guerra, e allora W la guerra.
[Nota 1]
Anche se a una certa età si diventa abitudinari, confesso che compro questo quotidiano da
moltissimi anni non per abitudine ma per capire il modo di argomentare la propaganda
dell’establishment, ovvero di chi sostiene le leggi che regolano il modo di produzione capitalistico.
I suoi editoriali hanno sempre una proiezione verso il « che fare », dunque le sue firme non possono
che essere di alto profilo. E sono utilizzati – gli editoriali – in un certo modo e non sparati perciò –
come i fogliacci della destra pesciaiola – con titolacci da uomo della strada, no, ma con acume, per
parlare a chi deve capire per agire. Insomma una sorta di consigli per i naviganti.
In molti casi certi editoriali non vengono annunciati in prima pagina, no, ma compaiono in coppia
con l’articolo di fondo nelle pagine interne, proprio per parlare a chi di dovere, quasi in camera
caritatis.

Comments powered by CComment

Da Marx a Marx
Da Marx a Marx

Autore Michele Castaldo

MODO DI PRODUZIONE E LIBERO ARBITRIO

Marx e il Torto delle Cose

LA CRISI DI UNA TEORIA RIVOLUZIONARIA

  • Visite agli articoli 307910

Articoli - i più letti: