Diviene necessario dover affrontare alcune questioni teoriche e politiche con la dovuta chiarezza con risvolti che sembreranno come pugni nello stomaco a chi aspira a una alternativa di sistema ideale attraverso i fantasmi ideologici di quel che rimane della sinistra occidentale incapace di considerare i processi materiali reali e il saldo della storia. Non tenerne conto – a essere buoni – porta lì dove non si pensa di arrivare.

   Proprio perché la storia è il vero giudice inappellabile siamo obbligati a cercare di separare il grano dal loglio, o la farina dalla crusca, in modo particolare in una fase come quella attuale, cioè di crisi generale del modo di produzione capitalistico, mostrando la pericolosità di certe posizioni teorico-politiche nella prospettiva di una decomposizione generale del modo di produzione capitalistico.

   È buona abitudine chiamare a testimoniare sempre i

fatti per essere credibili e ci riferiamo, perciò, a chi usa lo stesso metodo nel campo avverso, cioè non di parlare a vuoto o di mestare in ideologia, per capire in che direzione si sta andando. Ci riferiamo a quanto sta accadendo in Palestina e in Ucraina ultimamente.

   Chiediamo perciò pazienza al lettore se citiamo anche lunghi strali di quello che scriveva il 19 febbraio 2024 Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della sera in modo schietto e chiaro come lui sa fare.

« […] una merce sempre assai rara è il realismo: cioè la conoscenza dei fatti e della loro storia, l’analisi obiettiva degli interessi in gioco » prendano bene nota le varie compagnerie « la valutazioni delle soluzioni concretamente possibili fondata sui due fattori  ora detti. Da noi al realismo si preferisce il tifo » dice il nostro.  «Due popoli due Stati? Pochissimi però si fermino a riflettere circa ciò che davvero implica tale formula, le reali condizioni che possono renderla praticabile. Che è innanzitutto una: la garanzia assoluta della sicurezza di Israele. [ … ] Tanto oggi, dopo quanto è accaduto il 7 ottobre quando Israele, cioè, ha dovuto rendersi conto della fragilità di quello che fino ad allora era un caposaldo assoluto della propria strategia politico-militare: vale a dire la convinzione della propria sostanziale vulnerabilità rispetto a un attacco convenzionale da parte araba ».

   Andrebbe detto al signor Galli della Loggia che la storia comprende sempre tre fattori e non due come lui immagina: uno causale, un altro è casuale, il terzo è temporale e che, pertanto non si può fare i conti con fattori di propria preferenza. È questo che gli occidentali occidentalisti non vogliono capire: nel 7 ottobre sono “improvvisamente” confluiti tutti e tre i fattori, espressioni di uno scandaloso sopruso durato fin troppo, una combinazione che ha dato un nome: Hamas. Un atto ritenuto « una sfida », certo! A tutto l’Occidente. Perché negarlo? Solo i finti ingenui fingono di non capire.

   Attenzione però perché la disamina del signor Galli della Loggia non è campata in aria, lui dà senso al reale di cui parla  quando scrive « […] oggi il solo modo per l’Occidente di essere dalla parte della formula “due popoli due Stati”, di crederci realmente e non a chiacchiere, è quello: a) di informare solennemente i palestinesi per primi e il mondo arabo in generale che il riconoscimento senza se e senza ma dell’esistenza di Israele, cioè la rinuncia a cancellare quella che essi chiamano “l’entità sionista”, costituisce una condizione sine qua non: sia per la nascita di uno Stato palestinese, sia per ogni accordo generale riguardante la regione. » E ribadisce il nostro  « Tutto il resto può essere discusso ma questo no ».

L’altro punto qualificante « b) eventualmente di farsi esso per primo, l’Occidente, garante dell’esistenza di Israele nel solo modo che conta, » attenzione bene « cioè sul piano militare: ad esempio sottoscrivendo qualcosa di vincolante come l’art. 5 del Patto Atlantico, in forza del quale un attacco a Israele equivarrebbe a un attacco a noi tutti ».

   Verrebbe da chiedersi: ma cosa nasconde questa volontà di difendere a tutti i costi lo Stato di Israele da parte dell’Occidente? Semplice la risposta: un baluardo militare in difesa delle materie prime del sottosuolo mediorientale che in una fase di crisi acuta come quella attuale è la « condizione sine qua non » per tentare di uscire dalla sua crisi. Poi la cosa la si può infiocchettare propagandisticamente come si vuole, ma sono gli interessi economici dell’insieme dell’Occidente che veicolano attraverso il personaggio Netanyahu e gli fanno fare la voce grossa. Altro che « criminale neonazista! », è il loro eroe, l’eroe dei potentati economici « sinceramente democratici! » che pagano profumatamente fior di scrittori, rigorosamente “liberi”, “democratici”  e “indipendenti” alla Ernesto Galli della Loggia perché ne giustifichino sul piano teorico, storico, culturale e politico la difesa di quel baluardo che si sta rendendo colpevole del genocidio del popolo palestinese imprigionato a Gaza. Cosa c’entra la difesa degli ebrei in tutto ciò? Chiediamo all’onesto lettore.

   Che si tratti di un genocidio lo dichiara e lo giustifica a chiare lettere proprio questo signor Galli della Loggia: «  È però il fortissimo e insidioso significato politico che hanno avuto e continuano ad avere questi milioni di “profughi”, una parte consistente dei quali ammassati in campi come quelli presenti a Gaza. La loro semplice esistenza serve, infatti a tenere aperta, e ad alimentare la “questione palestinese”. Serve » leggano bene e registrino certe sciagurate compagnerie a sinistra « esplicitamente a mantenere viva l’idea della possibilità/necessità di un ritorno di codesti “profughi” nei luoghi d’origine o presunti tali ».

   Insomma la storia è arrivata – come sempre impersonale – a mettere un punto fermo in Medioriente: uno dei due contendenti è di troppo: o noi occidentali a continuare a dominare attraverso il nostro bastione dello Stato di Israele trasformandolo in una enorme caserma oppure la questione palestinese innesca – come sta innescando – uno sconvolgimento tale da far insorgere gli arabi dell’area, indipendentemente dai loro governi, e buttare a mare lo Stato di Israele. E che di questo si tratti lo stanno capendo, e lo esprimono in modo particolare in Occidente, le nuove generazioni che intuiscono le nubi nere che si addensano all’orizzonte per il procedere di un modo di produzione con le sue infami leggi.  

   Dunque in Palestina non si sta combattendo una guerra, perché la guerra si combatte fra Stati, mentre in Israele c’è uno Stato vero e potente da ogni punto di vista, mentre  a Gaza, in Cisgiordania o ovunque sono presenti i palestinesi uno Stato proprio non lo hanno. Sicché quello che sta avvenendo a Gaza è un genocidio come ultimo atto di un dominio cominciato nel 1948, giusto per indicare un anno, anche se la sua preparazione era cominciata molto prima. Perché chiamare un genocidio « guerra » e metterlo sullo stesso piano di un’altra “guerra” con tutt’altre caratteristiche? Vorremmo chiedere a quelle formazioni sindacal politiche che scendono in piazza  « Contro tutte le guerre del capitale » e scrivono fiumi di pagine sulla questione ebraica addirittura risalendo a prima della nascita del Cristianesimo? Non sarebbe più dignitoso tacere?   

   È buona abitudine, nel fare portare una critica a un gruppo politico o sindacale non rimuovere quello che di buono è stato fatto, come nel caso del Si Cobas che dopo aver fatto un passo avanti – disponendosi a organizzare i lavoratori della Logistica e altri settori di precari pagando anche un costo alto sul piano della repressione da parte dello Stato “democratico” e “antifascista”- poi però, nel tentativo di fare dei passaggi politici compie due passi indietro, come cerchiamo di chiarire con queste note. E lo fa proprio quando è viva la questione palestinese come non mai e alcuni gruppi colgono ogni occasione – come quella del 24 febbraio e l’indizione dello sciopero generale – proprio da parte del Si Cobas – per essere presenti.

   È, perciò, oltremodo vergognoso è ignobile sostenere la posizione dei sindacati israeliani, come ci è capitato di leggere in una presa di posizione della “Tendenza Internazionalista Rivoluzionaria” quali sodali politici del Si Cobas, di sostegno alla posizione dei sindacati israeliani, che su richiesta della Confindustria, chiedevano l’apertura dei varchi dalla Cisgiordania e si proponevano come poliziotti di controllo nei confronti dei lavoratori palestinesi.

    Si osservi il paradosso: l’economia israeliana è in gravi difficoltà, c’è un rifiuto dei riservisti di partecipare al genocidio mentre la Confindustria lamenta la mancanza di mano d’opera e chiede ai sindacati di farsi carico presso il governo dell’aperura dei varchi per far passare i lavoratori palestinesi dalla Cisgiordania. E i nostri “internazionalisti” la sostengono.   

   C’è un limite a tutto e affrontare la questione dei lavoratori palestinesi da un punto di vista di una carità pelosa è da ipocriti cristiani, vuol dire non capire che il 7 ottobre ha rappresentato un sussulto della storia dell’oppressione dei palestinesi, che solo per caso ha preso il nome di Hamas.

Se il pretume – sotto mentite spoglie di sinistra democratica o di  “estremismo” di sinistra – non è in grado di capire il linguaggio nudo e crudo della storia, può anche tacere ed evitare di mettersi a rimorchio del marciume democratico.

   Ribadiamo, perciò, che il 7 ottobre è stato un movimento tellurico dovuto al profondo malessere per le condizioni cui sono costretti a vivere le masse palestinesi veicolato in un gruppo politico del momento, come Hamas. Il sionismo unitamente all’insieme dell’Occidente ha saputo vedere in tutta la sua portata un movimento tellurico dei palestinesi nel suo insieme, ha deciso di annientare il popolo palestinese attraverso un vero e proprio genocidio per annientare Hamas. Non l’inverso, ne è prova evidente quello che scrive Ernesto Galli della Loggia di cui riferiamo in queste note. Bisogna cancellare ogni ipotesi di riferimento al mondo dei profughi di una vaga possibilità di un ritorno alla terra natia attraverso il persistere della  « questione palestinese ». Con ciò siamo chiamati, se onesti militanti comunisti, a misurarci. Pertanto quei meschini personaggi che – pur non contando nulla – prendono le distanze dal movimento politico di Hamas, sposano fino in fondo, nolenti o volenti, la causa e gli interessi dei potentati economici dell’Occidente auspicando di raccogliere le briciole e garantirsi i privilegi da figli della “democrazia” e della “libertà”. 

   E siccome al peggio non c’è mai fine certi nostri “estremisti” internazionalisti raccomandano al proletariato palestinese di prendere le distanze dalla borghesia palestinese. Altrimenti detto i nostri internazionalisti mentre sostengono la posizione dei sindacati israeliani che raccomandano l’apertura dei varchi con la Cisgiordania per far passare i lavoratori e aiutare l’economia dello Stato sionista, contemporaneamente raccomandano il proletariato palestinese di prendere le distanze dalla propria borghesia.

   Povero Marx, in che mani sei finito!?

   Se questo è in Palestina, vediamo come stanno e in Ucraina: senza fingere, senza nascondersi, ma chiamando anche in questo caso le cose per il loro nome.

   È un caso che lo schieramento dei potentati economici occidentali a sostegno dello Stato di Israele sia lo stesso che sostiene la difesa dell’Ucraina nei confronti della Russia? O si tratta di una convergenza di interessi economici in nome della « libertà »? Non siamo ipocriti, vogliamo dire a quanti a sinistra fanno i pesci in barile, “volando alto” « Contro tutte le guerre », al seguito di sua santità papa Francesco o « Contro le guerre del capitale » rincorrendo una fantomatica e ideologica classe operaia che nella crisi del modo di produzione capitalistico si comporta, e si sta comportando, nei confronti del capitale, come i girasoli si comportano nei confronti del sole. Certo, non possiamo pretendere da chi è imbevuto di ideologia la comprensione delle dinamiche reali della storia, dunque ci rivolgiamo a chi pazientemente e con onestà è disposto a capire.

   Mettere sullo stesso piano, come fanno certe compagnerie sindacal politiche, nonché “Tendenze Internazionaliste Rivoluzionarie” il genocidio che si sta perpetrando a Gaza da parte dello Stato sionista israeliano e la legittima difesa della Federazione della Russia di difendersi dal tentativo dei potentati occidentali di insediare in Ucraina una sorta di Stato sionista come cavallo di Troia appoggiato e sostenuto dall’Occidente e dalla Nato per mettere le mani sulle immense risorse energetiche della Russia, è sbagliato da un punto di vista teorico e storico mentre è ignobile da un punto di vista politico. Meglio, molto meglio i Galli della Loggia e i Paolo Mieli, nemici giurati e certi, piuttosto che questo ciarpame che si nasconde dietro ideologie alla ricerca della “purezza rivoluzionaria”.

   Sarà anche un “caso” che l’attuale presidente dell’Ucraina sia un ebreo sionista ex comico, ma  come prima detto, la storia si sviluppa per causalità, per casualità e temporalità. Dunque Zelensky non è calato da un altro pianeta ma è il risultato di un movimento storico dei potentati occidentali che hanno tentato di perseguire come obiettivo uno Stato a ridosso della Federazione russa con caratteristiche simili allo Stato sionista israeliano sostenuto dalla Nato, esattamente quello che oggi chiede Ernesto Galli della Loggia per Israele. Un tentativo, quello ucraino che per 14 lunghi anni ha massacrato le popolazioni russofone del Donbass finché la misura si è riempita e la Federazione russa ha dovuto decidere di intervenire per non trovarsi il cavallo di Troia in casa e fare la fine del sorcio in gabbia.

   E allora?

   E allora lo diciamo a chiare lettere: salutiamo con grande entusiasmo tutte le mobilitazioni delle nuove generazioni che in Occidente si stanno mobilitando contro il genocidio del popolo palestinese a Gaza, mentre è auspicabile che in Ucraina sorga un movimento che sappia dire come fece Lenin  « Pace a tutti i costi », ovvero un movimento che sappia individuare il nemico nel suo paese, cioè in quel partito diretto da Zelensky quale emissario diretto dell’Occidente che sta mandando al massacro il popolo ucraino. Quanto ai popoli di Russia, Cina, India, Sudamerica e la stessa Africa dovranno storicamente bruciare l’illusione di un mondo multipolare e un nuovo rinascimento che li esalti come aree del mondo moderno dopo essersi liberati dal colonialismo occidentale.  

Febbraio 2024

ALGAMICA

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Da Marx a Marx
Da Marx a Marx

Autore Michele Castaldo

MODO DI PRODUZIONE E LIBERO ARBITRIO

Marx e il Torto delle Cose

LA CRISI DI UNA TEORIA RIVOLUZIONARIA

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