Giornali e televisioni nel dare la notizia della morte di Barbara Balzerani, militante delle Brigate Rosse, pongono come in epigrafe che « non si penti mai »!

   Ora è piuttosto curioso il fatto che in un mondo di voltagabbana e prezzolati di ogni risma e razza, si trovi strano il fatto che una militante comunista non rinneghi il suo percorso politico.

   Scrivo queste note, come per altro ho fatto anche in occasione della morte di Prospero Gallinari, per evidenziare una tesi che ho esposto anche rivolgendomi a Mario Moretti: è sbagliato fare i distinguo sui movimenti politici e ideali delle due generazioni degli anni ’68/69 e quella immediatamente successiva del ’77 del secolo scorso.

   Se l’establishment opera una netta separazione tra i movimenti buoni, quelli cioè che protestavano democraticamente, mentre quelli che si definivano combattenti erano terroristi perché si rendevano responsabili di atti di violenza. Peggio che andar di notte per questi secondi che non si sono mai pentiti, fra i quali Barbara Balzerani. E per dare forza al concetto

appena espresso si prende come esempio – di “pessima compagnia” la malcapitata Donatella Di Cesare, docente universitaria alla Sapienza di Roma che avrebbe avuto l’ardire di scrivere « La tua rivoluzione è stata anche la mia, le vie diverse non cancellano le idee. Con malinconia, un addio alla compagna Luna ».

Apriti cielo! Democratici e liberisti si scatenano in una feroce critica nei confronti di un concetto semplice e complesso al tempo stesso:  « per vie diverse, per gli stessi ideali ». Si scandalizzano solo gli interessati a fare propaganda a sostegno di un sistema che barcolla, che fa acqua da tutte le parti e che spaventa, perciò, i suoi difensori. Noi usiamo un altro criterio.

   Ci armiamo di santa pazienza – diversamente da chi è mosso da livore e sbava rabbia -  e cerchiamo di capire cosa sta succedendo sotto in nostri occhi sulla madre terra che calpestiamo. Nel farlo ci relazioniamo col “coraggio” di chiamare le cose per il loro nome. Citiamo gli argomenti senza interpretare il loro pensiero ma chiarendo a riguardo, se ci è consentito, il nostro.

   Sul quotidiano Libero – liberista per eccellenza – Antonio Socci, a proposito di Donatella Di Cesare dice « è inutile fare polemica  », e scrive  « È invece un’occasione per fare finalmente una seria riflessione culturale e politica. Che non è mai stata fatta per davvero. Salutare “con malinconia la compagna Luna” perché “la tua rivoluzione è la mia pur per vie diverse (…) si carica ancor più di valenze negative per la figura cui si riferisce »  perché, dice il nostro « Barbara Balzerani è una terrorista che non si è mai pentita ».

   E già, perché Antonio Socci, da buon cristiano sa che la Chiesa cattolica in nome della Croce ha compiuto massacri spaventosi, ma i cristiani sanno pentirsi, la Balzerani, e altri come lei no. Questo è il vero crimine.

  Cerchiamo di mettere in chiaro un concetto: che vuol dire pentirsi? Si tratta di un sentimento cristiano piuttosto ipocrita che presuppone che un individuo compia un atto non voluto, di cui dopo si pente di averlo commesso. Esistono i confessori per questo, no? Dieci pater noster e mille Ave Maria, e 50 atti di dolore.

   Dietro questa concezione c’è una logica per così dire filosofica che attribuisce il libero arbitrio all’individuo che nega le cause che lo hanno mosso ad agire. Siamo alla ipocrisia allo stato puro, alla falsità e alla menzogna, oltre che la paura ad affrontare la realtà per come essa si dipana.

   C’è un ma grande quanto una montagna: i militanti delle formazioni che si autodefinivano combattenti, unitamente a tantissimi di altre tendenze politiche di sinistra magari non combattenti, non erano individui, non solo, ma erano spinti ad agire da cause sociali. Sicché se si chiede ai militanti combattenti di pentirsi lo si fa per negare le cause, che li hanno spinti verso quella militanza; per un verso, e attrarli verso la parte opposta, ovvero dalla parte dei responsabili dei disastri sociali in cambio di aver salva la pelle.

   Altrimenti detto: voi che vi siete illusi di fare la rivoluzione eravate degli idioti, basta riconoscerlo e entrate a far parte dei sapientoni: vero professor Adriano Sofri?

   Il liberismo pretende di comportarsi secondo le proprie convenienze e di imporre ad altri un comportamento sempre secondo quelle convenienze. E questo viene chiamato democrazia. Mentre esalta la sua causa di oppressione e di dominio con ogni mezzo, rimuove in toto quella che la combatte.

   Ma il vero punto in questione non riguarda il pentimento di un militante di una organizzazione che si definiva combattente comunista, ben altri fulmini sanno sopportare i liberisti, no, non è di questo che colpevolizzano la malcapitata Di Cesare, ma il fatto che lei riconosca gli anni ’60 e ’70 come espressioni di un unico movimento sociale che si batteva – seppur su linee diverse – contro lo stesso sistema sociale.   

Si tratta di una questione teorica, politica e pratica che non può essere risolta una volta per tutte come pretendono lor signori liberisti.

   Tant’è che l’espressione politica, il Partito Comunista Italiano di quegli anni, che raccoglieva e organizzava la classe operaia, una classe deputata alla rivoluzione comunista secondo il Manifesto di Marx, accogliendo gli ami democratici e liberali che l’establishment gli porgeva, puntò a farsi Stato, comportandosi di conseguenza in modo parallelo addirittura alla polizia, come si dimostrò col caso di Guido Rossa. Il risultato è sotto i nostri occhi: la sparizione di una entità politica organizzata e la diaspora sociale.

   Colpa di questo o quell’altro dirigente? Chiacchiere. La storia sedimenta i fatti a livello impersonale dettati dalle leggi del modo di produzione capitalistico. Si trattava di una fase di transizione che si è compiuta. Chi pretendeva di teorizzare in quegli anni deve fare i conti fino in fondo ma non sulla violenza, un aspetto del tutto secondario e marginale che i movimenti sociali volta per volta esprimono o meno, ma sulla nuova fase che non presuppone una nuova ristrutturazione capitalistica per un nuovo rilancio del processo di accumulazione, no, ma di un’apertura di un baratro per l’insieme del modo di produzione che in Occidente si sta mostrando già in modo drammatico nonostante siamo solo agli inizi. Basta osservare cosa è costretto a fare lo Stato sionista di Israele nel tentativo di superare la crisi.

   Ora l’espressione di Donatella Di Cesare « La tua rivoluzione è stata anche la mia  » è una valutazione a posteriori riferita a un contesto storico vissuto da decine di migliaia di militanti variamente articolato, cioè in quanto movimento composito con diverse sigle, ma dello stesso orientamento ideale del comunismo. Non, perciò, di una rivendicazione di uno stesso percorso, ma di uno stesso orientamento ideale.

   Ora il liberismo quando vuole stabilisce che il reato è  « individuale », ma quando non vuole – come nel caso di Donatella Di Cesare - la colpevolizza per un reato che non ha commesso, non solo ma addirittura la indica al pubblico ludibrio perché ha salutato – in sua morte – una combattente per il comunismo. Il povero Massimo Cacciari è costretto a prenderne le difese, e giustamente, perché è stata volutamente « fraintesa » al solo scopo, aggiungiamo noi di utilizzare il fatto in termini propagandistici contro gli ideali del comunismo.

   La cosa peggiore in questo quadro è stato il silenzio assoluto delle varie compagnerie che hanno lasciato la sola Donatella Di Cesare a rivendicare, quasi da un punto di vista personale, un periodo storico di lotte proletarie, composito quanto si vuole, ma tale era e tale resta.

   Ora Barbara Balzerani è morta di cancro il 4 marzo 2024, cioè quattro giorni prima dell’8 marzo, Giornata Internazionale della donna proletaria. E la sua morte è stata utilizzata da tutti gli organi di stampa in quanto « terrorista mai pentita » proprio mentre si sta consumando un genocidio da parte dello Stato sionista di Israele come tentativo di annientare un popolo vivo e la sua memoria storica su una terra che era propria di cui fu espropriato per interessi economici dell’insieme dell’Occidente ponendo gli ebrei a salvaguardia e armandoli fino ai denti. 

   Abbiamo già avuto modo di dire che se gli ebrei avessero voluto cercare la vera causa dei loro attuali guai la avrebbero trovata proprio nell’establishment occidentale che li ha posti per usarli come cani da guardia costruendo loro uno Stato sionista.

   Si dà il caso che mai come in questo periodo, in modo particolare in Occidente si stia sviluppando uno straordinario movimento contro il genocidio dei palestinesi e di condanna totale dello Stato sionista di Israele.

   E qui va detta una cosa chiara e forte: gli ebrei che manifestano in Israele rivendicando il diritto alla liberazione degli ostaggi del 7 ottobre, senza dire una sola parola contro le stragi del passato e il genocidio del presente, si rendono complici dell’azione dello Stato sionista. A riguardo l’antisemitismo non c’entrare un bel niente. Pertanto nei loro confronti va espressa condanna senza condizione.

   Non solo, ma va espressa condanna anche nei confronti di quanti ebrei, fuori da Israele, che si astengono dal condannare l’azione di genocidio che sta compiendo lo Stato sionista. Di che meravigliarsi se viene cacciata una “Sara” dal corteo dell’8 marzo, che pretendeva di condannare “gli stupri di Hamas nei confronti delle donne ebree”?  Oppure meravigliarsi che il giornalista ebreo e sionista Parenzo non viene fatto parlare ed espulso dalla Sapienza?

   La storia – cari signori – sedimenta e seleziona in base a fatti reali e se un popolo – come quello ebraico – passa da vittima a carnefice, la storia lo evidenzia e lo pone sotto accusa, esattamente come sta accadendo in questo periodo.  E se ci sono ebrei che impugnano ancora l’arma del vittimismo antisemita mentono sapendo di mentire e si pongono al servizio di potenze in declino e saranno trascinati con esse verso il baratro.

   Per concludere e parlare chiaro, con lo sguardo rivolto al futuro, innanzitutto a quanti cominciano a sentire veramente il peso di un sistema che sta viaggiando verso la catastrofe, e dire a chiare lettere che le generazioni degli anni  ‘60 e ’70 rappresentavano la coda di un movimento teorico e politico di natura positivista che ha dovuto scontare sul campo l’illusorietà di una teorizzazione rivoluzionaria incentrata su un soggetto di classe, quella operaia e proletaria contro un’altra classe al “potere” come la borghesia. Questo per un verso, mentre per l’altro versante assegnammo la responsabilità di un movimento storico impersonale ai gruppi politici di “potere” che di volta in volta emergevano. Li sopravvalutammo in fatto di responsabilità anche perché difendevano quelle leggi traendone benefici.

   La storia ha corretto l’analisi ed evidenziato la forza delle sue leggi, di un moto storico che oggi va esaurendosi.

  Fummo anche epigoni di un abbaglio teorico, quello di ritenere la democrazia propedeutica verso il socialismo. Abbiamo combattuto per interessi comunitari delle classi oppresse e sfruttate, contro il colonialismo e l’imperialismo, lo sfruttamento e le morti sul lavoro, contro le stragi operate da poteri cosiddetti occulti, ci siamo scontrati con un modo di produzione che cresceva e che includeva, che corrompeva e ricattava, non abbiamo di che pentirci, a nessun livello. Chi addita Barbara Balzerani come «  terrorista mai pentita » dovrebbe chiedersi: quante volte vi dovreste vergognare e porvi una pietra al collo per i tanti continui morti sul lavoro in nome del profitto? Quante volte vi dovreste vergognare e nascondervi per come avete trattato e continuate a trattare, e usare come bestie, una parte dell’umanità come razza inferiore? Quante volte dovreste mettervi una corda al collo, voi che sostenete le leggi di questo modo di produzione, per il sostegno che state dando al criminale Stato sionista di Israele che si sta comportando peggio di quel peggior nazismo che fu definito “male assoluto”?  E si sarebbe dovuta pentire Barbara Balzerani? Di grazia: di cosa? 

   Cerchiamo di dire la verità: in Occidente l’establishment sente il fiato sul collo di una crisi di sistema dovuta alle leggi che ha per secoli sostenuto e che lo stanno portando dove non pensava di arrivare. Insomma se i vostri teorici e filosofi alla Marcello Veneziani invocano l’intervento della Chiesa cattolica a promuovere i valori del tempo che fu, a non darsi per vinti nei confronti di altre religioni, a non rincorrere i valori del liberismo corrente, senza capire che anche la Chiesa cattolica ha fatto il suo tempo dopo duemila anni di storia.

   Ma come si può pensare ancora di sviluppare entusiasmo fra le nuove generazioni predicando l’esistenza di un Dio occidentale contro un Dio orientale? Com’è possibile convincere un giovane sui misteri della fede in competizione con l’altro Dio orientale? 

   È vero, come dice lo stesso Fukuyama, che l’Occidente ha prodotto putridume valoriale, ma non per un cattivo uso del liberismo, no, ma proprio in quanto liberismo, ovvero per un carro posto in discesa e dunque senza nessuna possibilità di frenarlo, di correggerlo, o – come pensavamo da comunisti di invertirne la rotta.  Siamo al dunque: Israele che si pensava fosse inossidabile è sull’orlo di una crisi paurosa e destinata perciò a estinguersi. E quella che doveva essere un ulteriore propellente dell’Occidente verso l’Est con la creazione di uno Stato di natura sionista anche in Ucraina è stata messa al ferro e fuoco dalla Federazione Russa al punto che un papa di una Chiesa cattolica in crisi ma di origini sudamericane dice « Alzate bandiera bianca! », ovvero arrendetevi! Senza condizioni, come seppe dire il grande rivoluzionario Lenin. Si, poi ci sono le “precisazioni” “i fraintesi”, i “chiarimenti” e così via, ma il messaggio è chiaro e forte: come Occidente siamo messi male!

  Da critici severi del modo di produzione capitalistico, in modo particolare in Occidente, ne prendiamo atto speranzosi perché incoraggiati verso una possibilità – e FINALMENTE! – di nuovi rapporti sociali degli uomini con i mezzi di produzione come presupposti di nuovi e diversi rapporti umani.  Mentre l’Occidente ( liberista) pretende quasi una riconoscenza per i meriti dovuti alla sua storia, come scrive Silvana De Mari su La verità di domenica 10 marzo « I nemici dell’occidente partono da un dato di fatto: la storia della nostra civiltà è piena di crimini. Però si dimenticano di paragonarla ad altre. E abbiamo raggiunto vette ineguagliabili nella scienza e nella cultura ». Come dire: visti i fini, vanno giustificati i mezzi. Ma i mezzi e i loro risultati non sono eterni e oggi la storia sta presentando il conto tanto dei fini quanto dei mezzi. Di che meravigliarsi?

    Il compianto Salvatore Ricciardi soleva ripetere che  « il capitalismo che ha promesso mari e monti ha solo riprodotto su scala mondiale disastrosi rapporti di dominio pertanto una nuova primavera rivoluzionaria sarà inevitabile ». Una nuova primavera rivoluzionaria, già in marcia, ma con    caratteristiche diverse dal passato, basta volerla vedere e viverla per come deve essere vissuta.

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Da Marx a Marx
Da Marx a Marx

Autore Michele Castaldo

MODO DI PRODUZIONE E LIBERO ARBITRIO

Marx e il Torto delle Cose

LA CRISI DI UNA TEORIA RIVOLUZIONARIA

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